Pizze e benessere, seratona fashion a Palazzo Vialdo con Oliviero Toscani

Che Gianfranco Iervolino fosse un fuoriclasse italiano della pizza lo si sapeva e che Palazzo Vialdo, la splendida struttura creata dal geniale Vincenzo Di Prisco, fosse uno dei fiori all’occhiello della Campania è parimenti scontato per chi vi è stato, ma l’11 dicembre 2014 a Palazzo Vialdo è davvero cambiato qualcosa nel panorama del mondo pizza napoletana.

Personalmente, senza voler sminuire alcuna eccellenza acclarata della nostra bellissima regione ho visto un Gianfranco Iervolino per la prima volta inserito in un contesto a lui congeniale, in una struttura in grado di consentirgli di esprimere appieno un potenziale forse fino ad oggi fin troppo castigato da degli schemi che gli andavano stretti e non gli consentivano di aprirsi con il suo modo di intendere la pizza come avrebbe potuto  e può fare.

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Per chi non avesse mai mangiato una pizza di Gianfranco Iervolino va detto che sicuramente il suo impasto rappresenta “l’anello di congiunzione” tra la pizza di “paese” (intendendo quest’accezione nel senso più positivo della parola) e quella verace napoletana. Un felice incontro tra i sentori di casa dei paesi vesuviani e la classicità della città di Napoli da intendersi non come “uno sviluppo in meno” rispetto ad altre pizze ma un’evoluzione a parte, fuori dagli schemi, una “biodiversità” a parte nella cosidetta “pizzologia”.

Come per tutti gli artisti (e senza che ciò ingeneri fenomeni che richiedono poi bagni di umiltà urgenti che non riguardano di certo Iervolino che è persona di vera umiltà) ad un periodo della “maternità”, ossia un periodo nel quale si intravede il talento che ancora non si esprime del tutto, segue sempre un cosiddetto periodo della “maturità”. Per Gianfranco Iervolino quel momento è giunto decisamente.

Sicuramente, però, tale felicissimo momento di esplosione del talento finora ancora parzialmente nascosto è anche frutto del luogo nel quale il Maestro pizzaiolo ha potuto esprimersi e Palazzo Vialdo è quel decisamente quel luogo.

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Elegante e sobrio, contornato da una grafica di eccellente livello, fresca e morbida, la struttura a quelli che altrove si definirebbero tout court fronzoli ha saputo dare contenuto. Quando questo avviene è perché coesistono due grandi componenti che giocano all’unisono tra loro: idee e fatti. Ma perché ciò sia possibile servono uomini che pensino in maniera divergente. Vincenzo Di Prisco, patron e ideatore della struttura è quell’uomo  metà dandy e metà imprenditore con capacità chiara di valutazione. Un mix felice che raramente si incontra ma che quando lo si trova può solo ingenerare grandi cose.

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Palazzo Vialdo è fondamentalmente oggi una interessantissima fucina di idee, scelte, cura parossistica dell’immagine e sostanza. In una parola il “bello”.

E che tale impostazione sia stato anche il leit motiv della serata dalla quale ho preso spunto è stato chiaro sin da subito. L’idea delle “pizze del Buon Vivere” non può essere circoscritta a sola azione di sapiente marketing ma è reale interpretazione di ciò che una pizza può trasmettere ed a volte è complesso decodificare. La trasmutazione delle sensazioni in parole, in espressione reale, la decodifica del senso del piacere che un buon cibo sa e può trasmetterci.

Le abbiamo provate tutte e devo dire, per quel che mi riguarda, sia i nomi che gli abbinamenti erano tutti azzeccatissimi oltre che avvincenti e ben centrati.

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Questo il sintetico elenco delle pizze del Buon Vivere che meritano sicuramente un assaggio e che ometto di descrivere perché realmente ognuna di queste mi ha ricordato o trasmesso ciò che il suo titolo intendeva trasferire gustativamente e concettualmente.

Benessere – Pizza integrale (90% farina 00 e 10% farina 1) con lievitazione a 24 ore con crudo di scarola, provola dei Monti Lattari, olive nere di Gaeta, capperi di Salina, alici di Cetara ed olio extravergine di oliva del Cilento.

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Amicizia – Carciofo violetto di Castellammare, firo di latte dei Monti Lattari, cacioricotta di capra del Cilento.

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Ottimismo – (cosa è meglio per essere ottimisti che una bella pizza fritta?) Fritta con spinaci, speck, fior di latte dei Monti Lattari e ricotta di bufala.

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Passione – pomodoro San Marzano DOP, provola dei Monti Lattari e ‘nduja di Spilinga.

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Arte – (mai parola fu più azzeccata, forse la vera espressione nitida della maturità di Iervolino alla quale accennavo) focaccia con gorgonzola, pancetta di maiale nero casertano, pepe verde ed erba cipollina.

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Umiltà – (e mai parola fu più azzeccata in questo strano mondo delle Pizzerie e in relazione ad una pizza) margherita piegata a portafoglio con Antico pomodoro di Napoli e fior di latte di Agerola. La nostra storia, quella dei Lazzari.

Questo meraviglioso viaggio nel gusto, accompagnato da Brut, Satèn 2009 e Rosè di Contadi Castaldi,  è stato però occasione di molti altri viaggi nelle emozioni, dall’intervista improvvisata in loco a Oliviero Toscani alla consegna ufficiale della targa AVPN n. 516 per la Pizzeria di Palazzo Vialdo.

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Chiudo con le parole di Oliviero Toscani “nella vita sono stato un uomo molto fortunato”. Probabilmente è vero che tale componente sia indispensabile ma accanto a ciò va calcolato e aggiunto che la fortuna la si crea anche con le scelte quotidiane e con le rinunzie a facili strade.

 

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A Palazzo Vialdo, Di Prisco e Iervolino hanno preso la fortuna e dopo averle messo una sella hanno cominciato a cavalcarla. Ora galoppano solo verso successi. Bravi. La mia Campania che va a 1000 all’ora.

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