Sei pizze per sei stati d’animo: il menù del buon vivere di Gianfranco Iervolino

Gianfranco Iervolino è un po’ timido e un po’ no. Professione pizzaiolo, anzi, come dice lui, pizzajuolo, perché ha un’altra musicalità, ama suonare e cantare, ovviamente repertorio napoletano, e racconta con orgoglio i mesi passati a studiare con il maestro Sergio Bruni. Insegna anche tanto, a Pollenzo nella facoltà di Scienze Gastronomiche e presso le scuole del Gambero Rosso. Nell’ambiente è riconosciuto tra i massimi esperti di lievitazione (da 12 ore in su e oltre 60 per cento di idratazione per rendere la pasta molto digeribile). 40 anni e un lungo peregrinare tra le pizzerie della Campania, un passo indietro dai riflettori della popolarità di tanti altri suoi colleghi, sebbene quest’anno siano arrivati i premi Pizza dell’anno e i Tre Spicchi del Gambero Rosso. Oggi si è fermato a Palazzo Vialdo, bell’edificio di Torre del Greco che, da dieci anni, è impegnato nella ristorazione (a gennaio apre anche Pa’Nino gourmet, paninoteca all’italiana). Chiude l’anno (e inaugura il prossimo) con il menù “Le Pizze del Buon Vivere”, sei pizze per altrettanti stati d’animo, regole da portare in tavola, ma soprattutto, da mettere in pratica una volta alzatisi. Le mangiamo accompagnate dalle bollicine franciacortine di Contadi Castaldi: Satèn, Rosè e Brut, un pre-brindisi al nuovo anno alle porte.

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Benessere. è la pizza al forno fatta con farina tipo 1, da non confondere con quella integrale, che preserva una maggiore quantità di crusca rispetto a quella 00. Dunque, l’importanza delle fibre che ritroviamo anche nel ripieno di verdure fatto di scarola cruda (indivia), provola dei Monti Lattari, olive nere di Gaeta (antiossidanti) capperi di Salina e alici di Cetara (omega 3). Sapida ma non salata, leggerissima la pasta e un leggero sentore speziato dato dalla farina non raffinata

Amicizia. Dedicata agli amici di Slow Food e al progetto dell’Alleanza, che mette assieme i cuochi impegnati nella salvaguardia delle biodiversità territoriali, questa pizza non poteva che essere fatta con alcuni Presidi campani: carciofo violetto di Castellammare (durante l’infiorescenza il capo viene coperto da una coppetta di coccio), fiordilatte dei Monti Lattari e cacioricotta di capra del Cilento (rara la capra cilentana). Iervolino tende a lasciare la pasta sempre un po’ “scialba” e fa bene: il poco sale esalta la salinità degli ingredienti e fa crescere meglio la maglia glutinica

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Ottimismo. Se è vero che il buon umore va cercato soprattutto nelle piccole cose, la pizza può essere un buono esempio. La “pizza che ride e fa ridere” secondo Gianfranco, è fritta con spinaci appena sbollentati (quindi tendenza dolce) speck e ricotta di bufala. A patto che il fritto sia asciutto e croccante. E questo lo è

Passione. Qui comincia a entrare in gioco il rosso e, ovviamente, il piccante: pomodori San Marzano dop, (quelli a marchio “Il Miracolo di San Gennaro” sono delicati e leggermente aciduli) provola dei Monti Lattari e ‘nduja di Spilinga. Altra chicca autoctona è l’olio extravergine del Vesuvio, quello di Villa Dora, poche migliaia di bottiglie di leccina, nocellara e frantoio.

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Arte. Fortemente voluta dal pizzaiolo musicista, che l’ha pensata come uno spartito fatto di tre note/ingredienti, l’accordo in do maggiore, quello più armonico: gorgonzola, pancetta di maiale nero casertano e pepe verde. La più “esotica” delle sei proposte è saporita e vivace nella combinazione dei gusti. Appena più grassa delle precedenti e con un finale persistente dato dal pepe

Umiltà. Quella in cui si riconosce Gianfranco che si stranisce quando gli avventori della pizzeria vogliono farsi un selfie con lui. Ma umile è la pizza, piatto nato e rimasto – nonostante le varianti gourmet – povero. Quindi la chiusura spetta a lei, alla pizza ” a libretto”, quella da mangiare in piedi ripiegata nella carta assorbente: pomodoro, fiordilatte di Agerola e basilico, antesignana dello street food, roba da cibo di strada. Si mangia con i piedi per terra.

foto di Francesca Ciancio e Vincenzo Jr Pellino

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